Pubblicato il 16/04/2025Tempo di lettura: 7 mins

Nel 2009, un team di 28 scienziati, guidato da Johan Rockström e Will Steffen, ha introdotto il concetto di “limiti planetari”. Questo modello, basato su un’analisi scientifica rigorosa, identifica nove processi critici essenziali per la stabilità e la resilienza del sistema Terra, e definisce le soglie ecologiche da rispettare per evitare cambiamenti irreversibile. L’Antropocene ha reso urgente quantificare quanto il sistema Terra possa sopportare senza collassare, evitando cambiamenti improvvisi e disastrosi. L’obiettivo è preservare condizioni simili all’Olocene, il periodo stabile che ha permesso lo sviluppo dell’agricoltura e delle civiltà moderne, tutelando il clima, la biodiversità e i processi vitali.

Il rispetto di tali limiti consente all’umanità di operare in uno ‘spazio operativo sicuro’, concetto legato alla capacità di carico del pianeta, ovvero la sua abilità di sostenere l’attività umana senza alterazioni irreversibili. Il superamento di queste soglie aumenta il rischio di cambiamenti ambientali bruschi e potenzialmente catastrofici a livello globale. Ma quali sono, e a che punto sono, i nove limiti planetari?

  • Cambiamento climatico: il limite relativo al cambiamento climatico è stato oltrepassato già negli anni ’90, principalmente a causa delle emissioni di gas serra e aerosol derivanti dalle attività umane. Questo fenomeno altera il bilancio energetico terrestre, provocando modelli meteorologici estremi e gravi impatti ambientali.
  • Nuove entità: l’introduzione crescente di sostanze chimiche sintetiche, come microplastiche e PFAS, ha superato i limiti di sicurezza, con oltre 350.000 composti rilasciati nell’ambiente. La mancanza di test adeguati rende incerti i loro effetti a lungo termine sulla salute e sugli ecosistemi.
  • Deplezione dell’ozono stratosferico: a differenza di altri limiti planetari, lo strato di ozono stratosferico si trova attualmente in una condizione di sicurezza, risultato degli sforzi internazionali volti a vietare sostanze dannose come i clorofluorocarburi (CFC). Questo strato essenziale protegge la vita sulla Terra dalle radiazioni ultraviolette, dannose per gli organismi viventi. Nonostante le gravi minacce affrontate alla fine degli anni ’90, lo strato di ozono si è stabilizzato e mostra segni di recupero.
  • Carico di aerosol atmosferico: la concentrazione di particelle aerodisperse influenza significativamente il clima e la qualità dell’aria. Nonostante i livelli globali rientrino attualmente nei limiti di sicurezza, l’aumento degli inquinanti, in particolare nelle città densamente popolate, rappresenta un rischio considerevole.
  • Acidificazione oceanica: l’aumento dell’assorbimento di CO2 atmosferica da parte degli oceani provoca un incremento dell’acidità dell’acqua. Questa alterazione chimica danneggia gravemente gli organismi calcificanti e compromette la capacità dell’oceano di assorbire ulteriore CO2, con gravi conseguenze per gli ecosistemi marini. L’attuale stato di saturazione dell’aragonite, indicatore chiave dell’acidificazione, si colloca ancora all’interno dello spazio operativo sicuro, ma si avvicina pericolosamente alla soglia critica.
  • Modifica dei flussi biogeochimici: l’interruzione dei cicli nutrizionali naturali di elementi fondamentali come l’azoto e il fosforo, essenziali per la vita e la salute degli ecosistemi, ha raggiunto livelli allarmanti. I limiti stabiliti per entrambi gli elementi sono stati quasi raddoppiati, causando gravi problemi ambientali, tra cui l’inquinamento delle acque, con conseguenti danni significativi agli ambienti acquatici.
  • Cambiamento dell’acqua dolce: la modifica dei cicli dell’acqua dolce altera la biodiversità, il sequestro del carbonio e le precipitazioni. Le attività umane hanno spinto questi sistemi oltre i limiti di sicurezza, con impatti potenzialmente gravi sul clima e sugli ecosistemi.
  • Cambiamento del sistema terrestre: la trasformazione dei paesaggi naturali, attraverso attività come la deforestazione e l’urbanizzazione, sta riducendo drasticamente le funzioni ecologiche essenziali per la salute del sistema terrestre, come il sequestro del carbonio, il riciclo dell’umidità e la disponibilità di habitat per la fauna selvatica. A livello globale, le aree forestali residue, nei tre biomi principali (tropicale, boreale e temperato), sono scese al di sotto dei livelli di sicurezza.
  • Integrità della biosfera: questo limite riguarda la salute e la diversità degli ecosistemi e delle specie. Gli attuali tassi di estinzione delle specie hanno superato i livelli di sicurezza. Il declino sia della diversità genetica che della salute degli ecosistemi pone gravi rischi alla capacità della biosfera di mantenere funzioni e servizi essenziali.

La nostra comprensione dei limiti planetari si è evoluta in modo significativo dalla loro formulazione iniziale, riflettendo una crescente consapevolezza dell’impatto antropico sul sistema Terra e delle intricate connessioni tra le diverse soglie ecologiche. Già nel 2009, il superamento di tre limiti cruciali – perdita di biodiversità, cambiamento climatico e ciclo dell’azoto – segnalava una preoccupante instabilità del pianeta, spingendo la comunità scientifica a invocare un’azione globale urgente. Il 2015 ha segnato una tappa fondamentale: nel pieno di una crisi ambientale sempre più evidente e del dibattito climatico culminato con la COP20 di Parigi, un articolo pubblicato su Science da Will Steffen e colleghi ha fornito una definizione più precisa dei limiti per mantenere l’umanità entro confini ecologici sicuri.

L’aggiornamento dei limiti planetari

L’aggiornamento ha ridefinito le variabili di controllo e introdotto mappe che illustravano lo stato dei processi chiave attraverso un codice cromatico intuitivo (verde, giallo, rosso), permettendo una valutazione immediata del rischio. Inoltre, è stato evidenziato il superamento del limite relativo all’uso del suolo, in particolare a causa della deforestazione.

Nel gennaio 2022, la comunità scientifica ha lanciato un nuovo allarme, riconoscendo la trasgressione del limite relativo alle “nuove entità”, un segnale preoccupante del degrado ambientale in atto. Nello stesso anno, è stata rivista la metodologia di valutazione dell’uso dell’acqua dolce, distinguendo tra:

  • acqua blu: acque superficiali e sotterranee, valutate in base alle variazioni del deflusso rispetto ai livelli preindustriali;
  • acqua verde: acqua disponibile per la vegetazione, analizzata attraverso le variazioni dell’umidità del suolo.

Questa nuova analisi ha rivelato che il superamento del limite dell’acqua dolce risale all’inizio del Novecento (1905-1929).

Man mano che il quadro dei limiti planetari si è sviluppato, è cresciuta l’urgenza di un cambiamento trasformativo, poiché i semplici aggiustamenti si sono dimostrati insufficienti. Gli aggiornamenti del Stockholm Resilience Centre nel settembre 2023 hanno confermato che sei dei nove limiti planetari sono stati superati, sottolineando la necessità di una governance globale efficace e di strategie proattive. Per monitorare costantemente lo stato di questi parametri vitali, a partire dal settembre 2024 il Potsdam Institute for Climate Impact Research pubblicherà annualmente il Planetary Health Check.

Criticità e dibattito sui limiti planetari

Nonostante l’ampio consenso, il modello dei limiti planetari solleva ancora dibattiti scientifici e politici. Una delle principali obiezioni riguarda la capacità del modello di distinguere tra impatti ambientali locali e globali. L’applicazione di limiti globali potrebbe non tener conto delle differenze regionali. Johan Rockström sottolinea però che problemi locali possono rapidamente diventare globali e che l’obiettivo primario del framework rimane quello di garantire uno spazio operativo sicuro per l’intero pianeta.

Un’altra questione cruciale riguarda la giustizia climatica e gli impatti sul Sud globale. Alcuni studiosi evidenziano il rischio che l’eccessiva dipendenza da limiti quantificabili favorisca un approccio tecnocratico, trascurando le dimensioni etiche e le voci delle comunità emarginate. Ciò potrebbe imporre vincoli che avvantaggiano le nazioni industrializzate, a discapito dei paesi del Sud globale, colpiti in modo sproporzionato dai cambiamenti ambientali. Per esempio, la conservazione delle foreste residue potrebbe favorire i paesi che hanno già sfruttato le proprie risorse forestali. Per equilibrare queste disparità sarebbe necessario un meccanismo di compensazione e supporto economico per le transizioni sostenibili nei paesi più vulnerabili.

Alcuni studiosi ritengono inoltre che il modello dei limiti planetari semplifichi eccessivamente un fenomeno complesso. Approcci alternativi, come la “Doughnut Economics”, integrano aspetti sociali e biofisici, offrendo una visione più ampia e olistica della sostenibilità. Questi diversi punti di vista possono rivelarsi complementari, arricchendo la nostra comprensione permettendoci di adottare azioni più mirate ed efficaci.

Infine, alcune soglie, come quelle relative all’inquinamento chimico e agli aerosol, non sono ancora ben definite, rendendo difficile valutare il rischio reale. È altresì fondamentale riconoscere che l’incertezza è intrinseca allo studio dei sistemi complessi, e ciò richiede un approccio precauzionale con aggiornamenti continui e rigorosi.

Nonostante le criticità, il concetto di limiti planetari rimane uno strumento fondamentale per comprendere e affrontare le sfide ambientali globali. La sua capacità di sintesi ha influenzato azioni politiche cruciali, come gli Accordi di Parigi e il Trattato globale sulla plastica. L’adozione di politiche basate su questi limiti sta già guidando molte iniziative concrete, tra cui il Green Deal, sviluppato dall’Unione europea per ridurre l’impronta ecologica e migliorare la qualità dell’aria, e il Global Biodiversity Framework adottato nel 2022 volto a proteggere il 30% delle terre e degli oceani entro il 2030. Inoltre, il Protocollo di Montreal ha dimostrato come un’azione coordinata possa ripristinare l’ozono stratosferico. Per affrontare le trasgressioni già avvenute, sarà necessaria una governance globale efficace accompagnata da strategie di adattamento e mitigazione che integrino soluzioni diverse scale per un approccio più bilanciato. Integrare storia, scienza e aspetti sociali ed economici sarà fondamentale per una visione più olistica e completa della sostenibilità per garantire un futuro sostenibile e resiliente per le prossime generazioni, ma anche per raggiungere l’equità sociale e la resilienza di fronte ai cambiamenti ambientali in corso.

Lettera aperta: le criticità del nuovo Contratto di ricerca

Pubblicato il 15/04/2025

Con questa breve lettera aperta desideriamo condividere con la comunità scientifica le nostre profonde perplessità riguardo al nuovo Contratto di ricerca (CDR), attualmente in fase di applicazione nel nostro Paese.